L'ESPERIMENTO DI HERTZ
   
 

 

Nel 1865 Maxwell pubblicò la sua celebre teoria dell’elettromagnetismo, nel cui contesto prediceva l’esistenza delle onde elettromagnetiche, mostrando in particolare come queste si dovessero propagare con velocità pari a quella della luce. Tale previsione pose una sfida fondamentale agli sperimentatori, che si impegnarono subito nella verifica della  reale esistenza delle onde stesse e nella determinazione delle loro proprietà. Il primo riscontro indubitabilmente positivo in tal senso venne ottenuto nel 1886 da Heinrich Hertz. Questi, per generare onde elettromagnetiche,
pensò di far scoccare una scarica elettrica tra due conduttori metallici, applicando tra di essi una elevata differenza di potenziale ottenuta per induzione mediante una bobina. L’idea guida era che, allorquando la scintilla avesse creato un percorso conduttivo tra i due pezzi di metallo, la carica elettrica avrebbe compiuto rapide oscillazioni avanti e indietro tra di essi, producendo onde elettromagnetiche di lunghezza

comparabile con le dimensioni dei conduttori stessi.

Naturalmente, per dimostrare che la radiazione veniva realmente prodotta occorreva rivelarla. A questo scopo, Hertz utilizzò un tratto di filo di rame forgiato a formare una spira aperta del diametro di 7 cm circa, con una sferetta di bronzo fissata ad un estremo, e l’altro estremo posto a piccolissima distanza dalla sferetta stessa, dal lato opposto. Il funzionamento di questo semplice rivelatore si basava sul fatto che la tensione indotta dall’onda elettromagnetica attraverso la spira avrebbe fatto scoccare una sia pur minuscola scintilla attraverso la stretta interruzione di questa. L’esperimento fu coronato da successo, ed anzi Hertz fu in grado di verificare, mediante differenti disposizioni sperimentali, vari fenomeni connessi alla propagazione delle onde, come la loro polarizzazione e riflessione.

La principale limitazione nella sensibilità del rivelatore derivava dalla possibilità di vedere la minuscola scintilla che in esso scoccava. Fu proprio nel tentativo di ridurre tale fattore limitante che Hertz si imbatté in qualcosa di strano. Infatti, per rendere più visibile la piccola scarica elettrica, decise di osservarla al buio ponendo la spira rivelatrice in una scatola. La cosa inaspettata fu la netta riduzione della scintilla in tali condizioni. Allora, con mirabile metodicità, rimosse progressivamente le varie pareti della scatola, osservando in corrispondenza le eventuali variazioni della scintilla: e così trovò che l’unica parete che provocava l’effetto osservato era quella che schermava direttamente la scintilla del ricevitore da quella del trasmettitore. Fatto ancora più strano fu la constatazione che l’entità della riduzione della scintilla determinata dalla parete in questione non dipendeva dalla posizione di questa lungo la linea congiungente le due scintille! Fortemente incuriosito dallo strano fenomeno osservato, Hertz diede avvio ad una serie sistematica di esperimenti, giungendo a comprendere che la piccola scintilla che scoccava nel ricevitore risultava maggiormente intensa quando questo veniva raggiunto dalla luce ultravioletta emessa dalla forte scintilla nel trasmettitore. È bene precisare che la comprensione di tale fatto non fu per nulla immediata. Giunse infatti quale premio alla costanza di un uomo che provò ad utilizzare come parete schermante diversi materiali, tra i quali il vetro, che si rivelò efficace nel ridurre la scintilla, ed il quarzo, che la lasciava pressoché inalterata. Osservazioni, queste ultime, che lo misero sulla strada giusta, spingendolo a scomporre mediante un prisma la luce emessa dalla scintilla trasmettitrice ed esponendo quella ricevitrice di volta in volta alle differenti componenti spettrali. Fu in seguito a ciò che raggiunse la certezza che ad intensificare la minuscola scarica del ricevitore era la componente ultravioletta della luce che lo illuminava. A consuntivo di numerosi mesi di minuziosi esperimenti, nel 1887 Hertz scrisse un articolo in cui si limitava a descrivere con precisione quanto osservato, astenendosi esplicitamente dall’ipotizzare alcuna spiegazione dei fenomeni stessi.